Sulla casa di fronte al municipio di Nizza Monferrato spicca una lapide sovrastata dall’elica di un vecchio aeroplano, dedicata a Gian Felice Gino, pioniere dell’aviazione.
In quella casa – dove aveva dimorato a lungo un altro illustre nicese, il gesuita Giulio Cesare Cordara dei Conti di Calamandrana – Gino nacque il 9 maggio 1883 da Ettore e Felicité Albertotti. Affascinato dall’idea del volo, fu uno dei primissimi italiani a ottenere il brevetto per pilotare i rudimentali velivoli di allora. Lo conseguì nel 1911 sul campo di Taliedo, alla periferia sud-est di Milano, vicino a Linate, dov’erano i capannoni dell’officina Caproni che costruiva i primi aeroplani.
Pochi mesi dopo partecipò al raid di Reims e al volo Milano-Torino-Milano, nei quali non mancarono brividi e imprevisti, con alcuni atterraggi di fortuna. Una volta precipitò su una casa alla periferia di Milano durante un volo di scorta al dirigibile Uselli e si salvò fortunosamente.
Nel 1912 Gino andò in Brasile – dopo varie attività di propaganda aerea accolte con entusiasmo e dopo essere tornato in Italia per l’acquisto di alcuni biplani – e fondò la Escola Brasileira de Aviacao Militar e Civil.
Rientrò in Italia poco prima dello scoppio della Grande Guerra e diventò sergente istruttore del Servizio Aeronautico, prima a Mirafiori e poi a Malpensa, formando e istruendo i piloti dell’aviazione italiana. Chiese anche di poter essere inserito in gruppi di combattimento aereo, ma lo Stato Maggiore non accolse le sue richieste, considerandolo più prezioso come istruttore dei giovani piloti.
Con il grado di tenente, nel 1917 fu assegnato al Corpo di Aviazione Italiana in America, dove addestrò 40 piloti dell’esercito americano destinati ad appoggiare dal cielo le operazioni di guerra sul fronte italiano. Nell’aprile del 1918, a bordo di un Caproni, stabilì il record mondiale di velocità percorrendo in un’ora un circuito aereo di 145 miglia nei pressi di Washington.
I “pazzi sulle macchine volanti” erano un’attrazione molto in voga in quegli anni. Il pubblico accorreva per ammirare le acrobazie dei piloti e l’italiano Gino era soprannominato il “principe degli aviatori”. Erano spettacoli a sfondo patriottico organizzati per raccogliere fondi a favore dei combattenti. Ma il destino era in agguato.
Il 7 luglio 1918, pochi giorni dopo aver assistito alla morte di un suo allievo in un incidente aereo, anche Gian Felice Gino trovò la morte precipitando durante un’evoluzione con un velivolo monoposto SVA di fabbricazione italiana, diventato ingovernabile. I giornali statunitensi* diedero grande risalto alla notizia e ai funerali, che si celebrarono il 10 luglio alla presenza delle autorità americane e italiane.
La guerra sarebbe finita quattro mesi dopo. Grazie all’interessamento di un altro nicese illustre, l’on. Vittorio Buccelli, e di altre personalità, la salma fu trasportata in Italia e il 14 novembre 1921 la città di Nizza poté offrire il tributo a Gian Felice Gino, «Primo tra i primi alati d’Italia […] per aver forzato con ala tricolore i limiti del prodigio», come riporta la lapide dedicatagli nel 1940 sulla piazza Martiri d’Alessandria.
* L’articolo sui funerali di Gian Felice Gino, dal “The New York Times” dell’11 luglio 1918 è visibile all’indirizzo http://query.nytimes.com/mem/archive