Un «divano corto, con la spalliera e le sponde inclinate, coperto da un panno scuro decorato con una sobria fantasia floreale» è il luogo in cui si siede la paziente del dottor Freud, impegnato suo malgrado in quella che dovrebbe essere la sua ultima analisi. Francesco Baucia, astigiano, classe 1984, ci restituisce con una formidabile capacità ideativa e di scrittura, un’immagine allo stesso tempo autorevole e domestica di Sigmund Freud che, rifugiatosi in Inghilterra mentre soffiano lugubri venti di guerra, si troverà catapultato in una storia – per sua stessa ammissione – «gotica […] come quel genere di romanzi che andavano di moda un po’ di anni fa». La paziente è una donna malata di isteria, come molte donne dell’epoca ma con alcuni sintomi inediti che la rendono immediatamente un “caso” fuori dal comune, per molti tratti assimilabile a una possessione demoniaca.
In una Londra di fine estate, placida e assolata, il dottor Freud diventa parte di una storia che metterà a dura prova la sua tecnica di analisi, affascinando per l’ultima volta la curiosità per il mondo (naturale e sovrannaturale) che appare un tratto caratteristico, se pure forse non completamente esplorato, della personalità dello psicoanalista. Il romanzo di Baucia, pur con i suoi tratti peculiari, si inserisce nel fortunato filone della rivalutazione del sovrannaturale, demoniaco e perturbante mondo di demoni, vampiri, licantropi, che negli ultimi anni ha prodotto volumi ben costruiti e godibili e altrettante (e insensate) critiche affette da snobismo. L’eleganza con cui è costruita la storia, la sapienza del lessico sorvegliato in ogni sua parte, i gustosi e dotti riferimenti alla storia personale di Freud fanno de L’ultima analisi un libro che si legge come fosse già un classico.