Astigiani 27 – marzo 2019
La primavera è femmina
di Piercarlo Grimaldi
In questo numero della nostra rivista molte e interessanti sono le notizie che definiscono e sostanziano il contributo dell’associazione Astigiani ad un risveglio della memoria del territorio che giunge con la fioritura di primavera. Ma voglio soffermarmi sul Confesso che ho vissuto perché una donna con lucida e giovanile serenità ci racconta la sua storia di vita, un atto di gioia e di altruismo lungo centotre anni: una ventata di primavera che fa bene al cuore. Josè Saramago nella sua autobiografia della gioventù ricorda che morire è finire di nascere, una visione positiva dell’umano trascorrere al mondo. Premio Nobel per aver dato poesia agli uomini è morto a ottantott’anni. Sono certo che la sua lunga e saggia esistenza terrena sia a fondamento della serenità che gli ha permesso di reinterpretare il senso della morte. Così è anche il caso di Maria Elvia Conti nata a Calamandrana nel 1916, che in questo numero di Astigiani racconta la sua lunga e saggia vita dedicata a ricevere al mondo generazioni e generazioni di astigiani. Ostetrica condotta attraversa le drammatiche temperie del Novecento, un secolo breve che la vede attrice di vita nei paesi dell’Astigiano e non solo. Maria affronta con coraggio e in solitudine le straniere notti di guerra per raggiungere le donne che dovevano partorire. In quei tempi percorsi dall’orrore razziale protegge un bambino ebreo appena nato nascondendolo all’anagrafe sotto falso nome. Si può appartenere ai Giusti anche con un solo atto come questo perché narra dell’inestimabile valore della vita in ogni tempo e in ogni luogo; una traiettoria d’umanità che abbiamo oggi abbondantemente rimosso dalla nostra coscienza collettiva che si fa vieppiù egoisticamente soggettiva. La nostra ostetrica che in gioventù si chiamava anche levatrice, la sua umanitaria professione la persegue con gioia perché il suo “è un lavoro bellissimo che porta gioia” e consiglia, con un ideale abbraccio etico alle giovani ostetriche del presente “di essere come la mamma della mamma”. Un’icastica lezione di vita che dovrebbe essere presa a principio non solo in ambito ostetrico ma nel sistema sanitario nazionale tutto, perché il rapporto affettivo, emico è predittivo di una scientifica diagnosi e terapia. Una storia di vita, quella di Maria Elvia Conti narrata da Roberta Favrin che si legge in un fiato e fa pensare a quel primo fiato che ha favorito il venire al mondo di oltre duemilacinquecento bambini, attenta alla regola che “il sole non doveva tramontare due volte. Se il travaglio si prolungava oltre bisognava chiamare il medico e magari serviva il taglio cesareo”. Ritmi di natura d’altri tempi ma che commuovono e che rendono eroica la sua vita vissuta e che fanno comprendere – se ne avevamo bisogno – che la primavera è femmina.
Chiamale se vuoi ricorrenze
di Sergio Miravalle
Questo Astigiani della primavera 2019 inanella, come in una collana, date che richiamano ricorrenze in anni e situazioni diverse. Partiamo con il 1939, ottant’anni fa per raccontare come Asti celebrò la visita di Mussolini nel maggio di quell’anno, quando il Duce era la massimo della popolarità e del consenso. Una bella pagina sull’efficacia della propaganda nei regimi totalitari. Dieci anni dopo, nel 1949 Asti vive le giornate delle celebrazioni alfieriane per i 200 anni della nascita del trageda. Arriva il presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il programma è ricco, gli ospiti illustri. È la manifestazione culturale più importante dell’immediato dopoguerra. Fa riflettere il confronto con l’oggi. Risaliamo ai primi giorni del 1969. Asti da mezzo secolo è collegata con un’autostrada, la A21. Una ricorrenza dimenticata, mentre si fa un gran discutere di grandi opere. E infine le pagine dedicate a Gianni Basso a dieci anni dalla scomparsa. Il racconto a più voci della vita di questo straordinario musicista che avrebbe voluto fare della sua Asti la città del jazz. Il Cd “Astigianni”, allegato a questo numero, è un prezioso ricordo musicale, reso possibile grazie alla collaborazione con la famiglia e gli amici di Gianni e la Casa vincola Bava che accolse a suo tempo quel gruppo di straordinari jazzisti nelle sue cantine di Cocconato, scoprendo che la buona musica migliora il vino e il buon vino ispira i grandi musicisti.